domenica 29 maggio 2011

Relazioni degli studenti del Galluppi

Ho deciso di pubblicare sul blog le relazioni degli studenti sul mio libro "Gabbie" come omaggio al loro impegno, per me sono molto preziose. La prima è di una studentessa Anna Maria Palaia.

Gabbie

"Con parole di sangue l'angoscia del presente scava l'anima..."
Sono queste commoventi parole ad aprire la narrazione del libro Gabbie dell'autrice Miriam Marino. "Silenziosa spettatrice del mondo" come lei stessa si definisce, con i versi sopracitati ha voluto darci la chiave per aprire la mente, il cuore e l'anima, toccando profondamente le corde della nostra sensibilità, al fine di aiutarci a continuare questo viaggio in un mondo per noi sconosciuto e lontano.
La protagonista del libro è infatti una sola, la voglia di vivere e di andare avanti, presente nell'animo di ogni personaggi. Il mistero delle vite si interseca con l'amara certezza della guerra creando così una rete di rapporti misteriosi che lega con i suoi fili evanescenti sentimenti alternati di disperazione e di speranza.
Gli avvenimenti sono narrati con una semplicità cristallina, senza coperture, senza veli o inibizioni, una realtà nuda si presenta davanti ai nostri occhi, lasciandoci violentemente spiazzati.
il tutto circondato da un'ironia, seppur amara, che costringe il lettore a soffermarsi maggiormente a riflettere sul senso della vita.
Il messaggio che si evince dal testo è unico e semplice: C'è bisogno di pace!
Basta guerre e sofferenze, occorre soltanto un mondo più giusto in cui tutti possiamo e dobbiamo riconoscerci.
Nella maggior parte dei racconti si evince che i personaggi non riescono più a vivere, non hanno nè patria nè affetti ma solo dolore e morte.
Questi stati d'animo possono essere riscoperti anche nelle liriche del poeta Giuseppe Ungaretti e in particolare in una che riassume a pieno i temi ivi descritti: "In Memoria".


In memoria

Si chiamava
Mohamed Sheab
discendente
di emiri di nomadi
suicida
perchè non aveva più
patria
Amò la francia e mutò nome
Fu marcel
ma non era francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè.
E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono
L'ho accompagnato
insieme ala padrona dell'albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa.
Riposa
nel camposanto d'Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera
E forse io solo
so ancora che visse.

I temi che compaiono nella poesia sono struggenti come quelli del libro: lo spaesamento di chi non ha una patria in cui riconoscersi, la perdita d'identità e la solitudine che ne conseguono. La poesia aveva infatti anticipato la crisi della società e dell'individuo contemporaneo, derivata dall'incontro e scontro di civiltà diverse e dall'urto e conseguenti sconvolgimenti tra le tradizioni politiche e il fatale evolversi storico dell'umanità. L'io lirico dapprima trattegia la condizione esistenziale di Mohamed a Parigi caratterizzata dall'impotenza e dall'assenza, condizione che rispecchia peraltro gli stati d'animo di Fawzi, il protagonista del racconto "4 fratelli", successivamente ricorda il funerale dell'amico, che si svolge alla sola presenza del poeta e della proprietaria dell'albergo dove i due giovani avevano vissuto e dinnanzi a un paesaggio urbano desolato e in disfacimento. Nell'ultima strofa, infine, il poeta rende omaggio al ricordo di Mohamed e sembra quasi affidare alla voce ella poesia il compito di conservarlo nel tempo, di divenire testimonianza immortale del passaggio terreno dell'amico. La figura di Mohamed richiama un inevitabile confronto con quella del figlio di Fawzi: Alex.
Mohamed aveva adottato un nome francese nel tentativo inutile d'integrazione e così il piccolo Alex che portava quel nome per non sentirsi diverso dagli altri.Il suicidio inoltre è un punto di svolta e di liberazione in entrambi i testi, poichè solo per mezzo di esso Fawzi potrà permettere una vita migliore ad Alex, e Mohamed potrà finalmente sciogliere il canto del suo abbandono. Nel testo si evince anche un altro aspetto fondamentale, necessario da analizzare: il muro.
Esso non è solo una barriera reale, come descritto in qualche racconto, ma soprattuto una barriera mentale. In campo semantico il muro rappresenta l'impossibilità di comunicazione tra in dividui, ostacolo insormontabile e insuperabile. Il muro inoltre può essere considerato una gabbia del pensiero: Il poeta Eugenio Montale nella lirica "Meriggiare" descrive un assolato e arido paesaggio estivo colto nell'ora del meriggio quando per effetto della calura e della luce accecante la vita sembra come pietrificata. Dalla descrizione non emergono, se non in qualche tratto, sensazioni di gioia e di slancio vitale, domina, al contrario, il motivo dell'aridità, dell'isolamento della solitudine, rivelati da parole-chiave quali il muro e la muraglia, simboli del limite invalicabile che impedisce all'uomo di mettersi in contatto con gli altri e lo condanna all'isolamento: E' il limite della conoscenza: verso il poeta che spia la natura (dove l'uso del verbo "spiar" tradisce la ricerca di un segreto), questa resta chiusa, indifferente ed egli non arriva a capire, può solo "sentire" che la vita è un "seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia". Anche il filosofo Jean Paul Saretre parla di questa incomunicabbilità dell'essere nel suo libro "Il muro". Le 5 brevi vite racchiuse nelle pagine di questo libro rappresentano 5 modi tragici e differenti di rispondere alla capacità di trovare vie di fuga dall'esistenza, che sono però fermate da un muro, ma fuggire da questa esistenza significherà ancora una volta esistere. Ritornando a "Gabbie" e in particolare al racconto "Il muro del pianto" il testo lascia a noi un insegnamento di vita profondo: dobbiamo imparare a non fermarci davanti a questi muri dell'orrore, barriere e gabbie mentali, ma dobbiamo voler andare oltre, solo così troveremo l'amore, l'umanità e la solidarietà tra i popoli.
ABBIAMO BISOGNO DI PONTI NON DI MURI.

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