domenica 9 giugno 2013

BAMBINI PALESTINESI: ISRAELE SI IMPEGNA A FARE DELLA LORO VITA UNA TORTURA

RIPROPONGO QUESTO MIO LUNGO INTERVENTO RISALENTE AL DICEMBRE 20011 NEL CORSO DI UN'INIZIATIVA PER I BAMBINI PALESTINESI AFFETTI DA DISTURBI POST TRAUMATICI SVOLTASI A VENEZIA. lO FACCIO PER RICHIAMARE L'ATTENZIONE SULLA SITUAZIONE DEI BAMBINI PALESTINESI. SITUAZIONE DI ESTREMA DRAMMATICITA' A CUI MOLTI NON RIESCONO A CREDERE, VISTA LA STRANA REAZIONE DI DIFFIDENZA SULLE NOTIZIE DEL CARCERE AL JALAMI.     Prologo   Il trauma subito dai bambini palestinesi, in particolare dai bambini di Gaza, è un trauma continuato. Ci sono nella vita avvenimenti traumatici da cui si riemerge con fatica, ma si tratta di un episodio, per i bambini palestinesi questi episodi sono rinnovati tutti i giorni della loro vita. Anni fa una delle associazioni in cui sono impegnata organizzò una mostra di disegni di bambini palestinesi, erano ovviamente disegni di carri armati, bombe che cadevano, morti e sangue. Mi colpì in particolare il disegno di un bambino di 8 anni: un petto aperto con un cuore trafitto da un pugnale sull’impugnatura era disegnata una stella a sei punte. Quel bambino esprimeva in quel disegno il suo cuore spezzato. Un altro disegno di un bambino più grande, di 12 o 13 anni, molto bello, rappresentava un’immagine apparentemente idillica: una bimba si dondolava sull’altalena, solo che sotto l’altalena c’era una voragine e un altro di Betlemme aveva disegnato una scena di natività, la madonna s. Giuseppe il bue e l’asinello e sulla mangiatoia al posto del piccolo Gesù c’era una bomba made in USA. In fondo al corposo libro con la traduzione in italiano del rapporto Goldstone su “Piombo fuso” ci sono pagine e pagine di nomi, sono l’elenco dei morti di quell’incursione. Pagine fittissime dove ogni rigo è un cadavere e in neretto i nomi di centinaia di bambini. L’incursione “Piombo fuso” non fu né la prima né l’unica incursione, fu solo la più efferata. Ne voglio ricordare alcune: “Giorni del pentimento” a ridosso del Kippur:70 morti, “Pioggia d’estate” come ritorsione della cattura di Shalit: centinaia di morti e la distruzione dell’unica centrale elettrica. Un successivo attacco provocò più di cento morti e la distruzione delle strutture del “Medical Relief” la clinica il centro disabili, ambulanza, medicinali e attrezzature. Ma già in quell’ultimo mese erano morti 93 bambini per via dell’assedio. Il ministro degli esteri israeliano promise in quell’occasione una shoah a Gaza. E prima c’era stata l’”Operazione Arcobaleno” eccetera ecc. Se Gaza è una prigione mortale, i punti più critici nei TPO sono Hebron e il distretto di Nablus, dove coloni e soldati scorazzano provocando morte e devastazione.   I molti modi di traumatizzare la vita dei bambini:   Incursioni: I bambini sono le prime vittime delle incursioni, a Gaza più della metà della popolazione è composta da bambini. Israele usa armi come il fosforo bianco e le bombe dime vietate dalle leggi internazionali e dopo Piombo fuso non fornì ai medici palestinesi le istruzioni per curare quelle particolari ferite, il risultato fu che morirono moltissimi feriti che avrebbero potuto salvarsi. Israele usa normalmente le freccette, sono proiettili che esplodendo a 30 metri dal suolo disperdono uno sciame da 8mila freccette investendo un’area di 300 metri le quali colpiscono facilmente i bambini. A Gaza i soldati giocano con la vita dei bambini alla playstation. Nelle torrette di avvistamento lungo il confine armi simili alla playstation consentono ai soldati di uccidere schiacciando un bottone. Si chiama “LOCALIZZA E SPARA”. NE FANNO LE SPESE I BAMBINI CHE RACCOLGONO LA GHIAIA da utilizzare per materiali da costruzione che non possono entrare a Gaza.   Povertà indotta La situazione di impoverimento palestinese non è dovuta a un disastro naturale ma all’occupazione che a Gaza in particolare, con l’assedio, e in tutti i TPO cresce con la distruzione di greggi e oliveti, con il furto di risorse e di terra, con il furto delle tasse doganali, con l’espropriazione delle case. Di questo ne fanno le spese soprattutto i bambini che vivono in uno stato di povertà che non consente loro di vivere serenamente e spesso sono obbligati a lasciare la scuola per aiutare la famiglia. A Gaza sono soprattutto loro che si infilano nei tunnel di Rafah con il rischio di rimanere seppelliti vivi. Il gioco è un’utopia, non ci sono spazi e a Gaza Israele ha proibito l’ingresso di giocattoli come se volesse punire in primo luogo i bambini.   Mancanza d’acqua   L’acqua è una risorsa vitale, l’occupazione israeliana ruba l’acqua ai palestinesi, in particolare nella valle del Giordano, costringendoli poi ad acquistarla a caro prezzo dalla società israeliana Mekorot. A Gaza la falda acquifera è inquinata, mentre il terreno è cosparso di veleni e fosforo bianco, questo danneggia fortemente la salute dei bambini che in particolare a Gaza sono affetti da anemia per il 52% (medical relief) e soffrono di gravi carenze nutrizionali, le malattie respiratorie sono numerose. I bambini affetti da talassemia non possono essere curati a Gaza perché Israele impedisce l’ingresso del farmaco specifico per la cura di questa malattia.   Demolizioni e boicottaggio dell’istruzione   Le demolizioni di case lasciano i bambini senza un rifugio. Israele demolisce case a Gerusalemme, nella valle del Giordano e nel Neghev. Il 7 agosto 2010 Israele ha demolito un intero villaggio nel Neghev lasciando senza casa 200 bambini. Israele oltre le case ha distrutto oliveti e frutteti, risorse vitale degli abitanti di al Araqib, per lo più bambini e anziani, che sono stati lasciati nelle macerie senza riparo e senza acqua sotto un sole cocente. Il fine della distruzione è rendere disponibili i progetti del Fondo nazionale Ebraico per piantare un bosco che chiameranno “Bosco della pace” forse della pace eterna. La stessa sorte è toccata a Ein il Hilwe, un villaggio nella valle del Giordano. Israele non si limita a distruggere case greggi e campi, distrugge anche le scuole, perfino quando sono tende.  I bambini del villaggio andavano a scuola nel villaggio di Tayasir, a 13 km di distanza, dovevano prendere un autobus e passare attraverso un check point israeliano, Troppo spesso erano oggetto di vessazioni da parte dei soldati al check point, alcuni sono stati costretti a scendere dal bus e fare a piedi i 13 km per andare e tornare da scuola. Per questo molti bambini hanno abbandonato la scuola. Lo scorso nov. La Campagna “Salva la valle del Giordano” ha costruito una tenda scuola per 35 bambini. A febbraio i volontari volevano costruire una seconda tenda scuola per altri 65 bambini, ma è arrivata sul posto una jeep militare che ha m minacciato di demolire entrambe le tende. Anche nel villaggio Ka’abneh era stata costruita una scuola per 66 studenti, per la scuola sono stati emessi 6 ordini di demolizione. Nel villaggio di Jiftlik, i bambini avevano abbandonato la scuola per il lungo percorso e i maltrattamenti dei soldati. Il villaggio ha costruito una tenda scuola  e tra il 2003 e il 2008 gli israeliani hanno demolito la scuola sette volte. Anche la scuola di gomme costruita da Vento di terra è a rischio demolizione, a Gaza non può entrare la carta per libri e quaderni, un trattamento speciale ha ricevuto la scuola di  Qurtuba a Hebron in Shuhada Street, la principale via all’interno della città vecchia il cui transito è proibito ai palestinesi dal 2000 a causa di un’ordinanza militare considerata illegale dalla stessa alta corte d’Israele. Ogni giorno per andare A SCUOLA GLI ALUNNI DEVONO ATTRAVERSARE UN PASSAGGIO ELETTRIFICATO CHE SEPARA L’AREA 1 DALL’AREA 2 DI Hebron. La presenza capillare delle colonie e il divieto per i palestinesi  di utilizzare le by pass road obbligano gli studenti a camminare per molti km per frequentare le lezioni. Il 13 ottobre coloni di Beit Hadassan hanno tirato pietre e bottiglie contro la scuola interrompendo le lezioni. Il giorno dopo l’IDF ha chiuso il checkpoint elettrificato verso Shuhada street impedendo agli studenti l’accesso alla scuola. I soldati hanno occupato le strade della città vecchia bloccando alunni e insegnanti che hanno reagito tenendo lezione davanti al check point. Due giorni dopo chiudevano la scuola per “ragioni di sicurezza”: Gli insegnanti e la preside si sono rifiutati di rispettare la chiusura. Ci sono state reazioni e i soldati hanno lanciato contro i bambini e i manifestanti proiettili di gomma, gas lacrimogeni e bombe sonore. 20 alunni sono rimasti feriti e intossicati. Gli insegnanti e i bambini hanno continuato la protesta al check point.   Maltrattamenti, prigione, tortura.   Israele non rispetta in nessun modo la vita dei bambini e si sente in diritto di ucciderli, imprigionarli, usarli come scudi umani, torturarli, togliere loro il diritto all’istruzione. Perfino la loro maggiore età è anticipata di due anni e le ordinanze militari decretano che si può arrestare un bambino di 12 anni come se fosse un nemico combattente. Nell’ottobre del 2010 un bambino di 8 anni fu investito da un colono con la macchina, il colono venne fermato e poi rilasciato, il bambino invece venne arrestato nella notte prelevandolo da casa sua perché aveva tirato una pietra sulla macchina del colono. Un rapporto di Defence for children international documenta l’aumento della violenza dei coloni sui bambini, arrestati poi dai soldati in piena notte, torturati e condannati a mesi di prigione per aver tirato una pietra contro i cani dei coloni dall’altra parte della strada. All’aumento della violenza dei coloni corrisponde la totale impunità dei responsabili. L’ass. ha chiesto di aprire un’inchiesta su 14 casi di abusi sessuali di cui ha avuto conoscenza commessi da soldati e poliziotti da gennaio 2009 a aprile 2010. Alla fine del 2008  durante l’incursione Piombo fuso, un bambino fu costretto dai soldati a ispezionare sacchetti sospetti di contenere esplosivi, il procuratore militare che ha cercato di comminare una mite condanna a tre mesi ai soldati è stato minacciato e i due se ne sono andati liberi perché la corte militare ha definito il loro atto un semplice errore. Dai soldati israeliani i bambini vengono sottoposti a shock elettrici per costringerli a confessare crimini come aver lanciato pietre e a volte inventati. I bambini di Gaza dove gli israeliani sparano tutti i giorni hanno incubi e la notte non riescono a dormire, poi quando si fa buio liberano branchi di cani pericolosi al confine. Vicino al confine c’è la torre di controllo e i bambini devono passare per quella strada per andare a scuola, hanno paura perché i soldati sparano e spesso sono mandati a casa prima della fine delle lezioni perchè ci sono spari e incursioni nell’area attorno all’edificio. A Nabi Saleh, un villaggio che come tanti altri in Cisgiordania lotta settimanalmente contro l’espansione degli insediamenti, mesi fa era stata organizzata una manifestazione in risposta a un appello di giovani palestinesi, si chiamava “Colora la tua libertà”. I bambini del villaggio hanno sfilato assieme ad attivisti israeliani e palestinesi indossando maschere e vestiti colorati. Portavano con se palloncini e aquiloni, mentre si dirigevano verso la collina per far volare gli aquiloni l’esercito ha cominciato a lanciare lacrimogeni. Quando si sono trovati di fronte a dei bambini con le faccine colorate che cantavano per la strada non hanno esitato a sparare, due bambini di 4 e 11 anni sono stati feriti. Non solo i bambini vengono arbitrariamente arrestati, detenuti in prigioni israeliane dove non possono contattare un avvocato o vedere i propri familiari, non solo vengono trattati e detenuti in prigioni per adulti, non solo vengono picchiati, maltrattati, torturati fisicamente e psicologicamente, non solo vengono spesso minacciati di abusi sessuali, ma Israele ha anche trovato il modo di specularci ancora sopra e di arricchirsi con i bambini palestinesi arrestati. A Gerusalemme est la polizia rapisce i bambini e impone alle famiglie il pagamento di multe salate con l’accusa di aver tirato pietre ai militari. Oltre 9cento mila dollari di sanzioni sono state fatte pagare alle famiglie dei bambini arrestati per il loro rilascio, in pochi mesi. Gli israeliani, soldati e coloni non hanno pietà neppure per gli animali, in un villaggio i coloni hanno bruciato vive le pecore di un gregge, ad At Tuwani a sud di Hebron i soldati hanno arrestato un ragazzino palestinese e disperso il gregge di proprietà della famiglia, quando i soldati se ne sono andati con il giovane prigioniero la famiglia ha trovato un agnello ucciso, una pecora accecata, altre 4 con le zampe spezzate, due pecore avevano abortito e 21 erano sparite.   Storie emblematiche     I numeri e i dati ci documentano le situazioni e bastano da soli a farci indignare, ma quando si vanno a vedere le singole storie, l’indignazione, la rabbia, l’emozione diventano travolgenti, questi numeri e questi dati sono bambini in carne e ossa, hanno un nome e una storia che ci colpisce come un cazzotto allo stomaco e ci viene da gridare “Fermiamo questi mostri”. Voglio raccontare qualche storia particolare che rivela tutto il disprezzo degli israeliani per la vita dei bambini palestinesi:   Abeer una e due. Iman   Abeer è un nome che profuma di fiori ma che non ha portato fortuna alle due bambine barbaramente uccise. La prima è Abeer Aramim, suo padre è un membro dell’ass. israelo-palestinese “Combattenti per la pace” Aveva 9 anni e quando è uscita da scuola un soldato le ha sparato uccidendola, non stava lanciando pietre. La seconda Abeer ha visto suo padre arrestato e portato via di casa. Questo le ha provocato un grande dolore, avrebbe voluto almeno abbracciarlo quando è andata a trovarlo in carcere, ma un vetro spesso lo separava da lei. Suo padre era irraggiungibile dall’altra parte, perduto. Abeer ha cominciato a battere i pugni sul vetro e a piangere, a casa ha continuato ad agitarsi e il dolore della perdita le ha provocato una paralisi e il coma. Mentre la piccola moriva suo padre in prigione ha avuto un infarto nell’apprendere la notizia. Abeer è morta di dolore, si uccide non solo con le pallottole ma anche con la crudeltà. Iman invece si è trovata a camminare a cento metri da una postazione militare ben protetta. Aveva la divisa della scuola e lo zainetto dei libri. Un soldato parlando via radio da una torre di avvistamento con un collega  dice di aver visto una bambina spaventata a morte. Il capitano R. è uscito dalla postazione ed ha sparato alla bambina due volte alla testa, si è allontanato, poi è tornato indietro e le ha scaricato addosso tutto il caricatore. Il medico che controllò la bambina all’ospedale di Rafah contò 17 proiettili in varie parti del corpo, proiettili grandi e sparati da una distanza ravvicinata. Il capitano R. ha dichiarato che avrebbe fatto lo stesso anche se la bambina non avesse avuto 13 anni , ma tre, “perché questo è l’ordine, tutto ciò che si muove nella zona di sicurezza, anche se si tratta di un bambino di tre anni deve essere ucciso”. IL suo rapporto dopo l’omicidio: “Stiamo andando più vicino per confermare l’uccisione….Riceverete una relazione sulla situazione. Abbiamo sparato e l’abbiamo uccisa….HO ANCHE CONFERMATO L’UCCISIONE, PASSO”. Il capitano è stato dichiarato non colpevole, NON È REATO UCCIDERE I BAMBINI PALESTINESI, confermare l’omicidio è una pratica standard. Dopo il verdetto il capitano R. è scoppiato in lacrime e si è rivolto al pubblico dichiarando “Vi avevo detto che ero innocente!”   Mohamed Halabiyeh  Mazin Zawahreh   Mohamed fu arrestato dalla polizia ad ABu Dis la sua città mentre passeggiava con alcuni amici. Nel vedere i poliziotti avvicinarsi si spaventò e si mise a correre cadendo in una buca e fratturandosi una gamba. Quando i militi lo raggiunsero cominciarono a colpirlo in particolare sulla gamba fratturata, le torture proseguirono per giorni anche all’ospedale Hadassa dove venne ricoverato., I poliziotti gli spingevano siringhe sulle mani e sulle gambe, lo colpivano coprendogli la bocca con un cerotto adesivo, gli davano pugni dappertutto e lo minacciavano perché non rivelasse le torture subite. Il ragazzo non si lasciò intimidire e durante l’interrogatorio descrisse gli abusi e le torture. Dopo altri interrogatori fu trattenuto e subì abusi sessuali e tentativi di ammazzarlo. Inspiegabilmente, i torturatori non ebbero nessun fastidio mentre lui fu arrestato e messo in una gabbia, poi nella prigione di Ofer in un una sezione per adulti. Questo episodio accadde nel sett. 2010 e fu denunciato da Addamer l’ass. non governativa palest. per il sostegno dei diritti umani dei prigionieri.   Mazin, 14 anni, di Betlemme fu arrestato l’11 sett. Scorso. Stava giocando a pallone con tre amici quando 7 soldati israeliani lo aggredirono colpendolo con il calcio del fucile. Lo misero in ginocchio, gli strapparono i vestiti, gli legarono le mani e gli coprirono gli occhi con la sua maglietta e poi lo picchiarono per due ore. I familiari furono avvertiti da un conoscente che aveva visto il ragazzo in quelle condizioni, altrimenti non avrebbero saputo nulla di che fine aveva fatto. Nel carcere israeliano di Mascobia a Gerusalemme fu interrogato per 29 giorni, tenuto in uno stanzino sotto terra legato al letto in una posizione forzata che gli ha provocato problemi respiratori. Dopo la prima udienza a cui i familiari non hanno potuto assistere è stato trasferito nel carcere di Offeq per criminali comuni subendo ripetutamente percosse e minacce, tenuto in isolamento, privato di luce e aria costretto a dormire per terra in condizioni che hanno aggravato i suoi problemi respiratori. Qui ha subito anche vaste bruciature in tutto il corpo. Il secondo processo si è risolto con la richiesta di un pagamento di 20mila shekel. Il 4 novembre è stato liberato a un centinaio di km da Betlemme. Il processo resta aperto e il ragazzino rischia di essere ancora incarcerato. Rivolgendosi alla corte il padre di Mazin ha espresso la sua disperazione dichiarando che era meglio che uccidessero subito suo figlio invece di farlo giorno per giorno.                         

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