mercoledì 26 giugno 2013

Guerrafondai: Obama come Bush

Obama supera la «linea rossa» Armamenti massicci all'opposizione e «no fly zone» di 40 chilometri dalle basi in Giordania di Michele Giorgio «Il regime di Assad ha usato armi chimiche», ha superato la «linea rossa» tuona l'Amministrazione Usa. Fino alla scorsa settimana c'erano solo sospetti. La sconfitta militare subita dai ribelli a Qusayr li ha trasformati in «certezze». Damasco protesta, definisce «menzogne» e «falsificazioni», «una vagonata di bugie» le accuse di Washington. Aggiunge che la decisione di fornire armi ai ribelli è la prova del doppio standard usato dagli americani. Ma la Siria sapeva che l'ingresso diretto nella guerra civile degli Usa era scontato, solo una questione di tempo. Barack Obama fornirà armi «letali» ai ribelli che combattono contro Bashar Assad e cercherà di convincere del «crimine commesso dal regime siriano» il presidente russo Putin quando lo incontrerà faccia a faccia in Irlanda del Nord, a margine del vertice del G8. Non sarà facile. Il Cremlino per bocca del presidente Commissione Affari Esteri, Alexei Pushkov non usa mezzi termini. «Obama sta prendendo la stessa deriva di Bush», ha detto ieri Pushkov, ricordando «le bugie sulle armi di distruzione di massa» per la guerra in Iraq. Sul tavolo però non ci sono solo le forniture di armi. La strada ora è aperta anche a un intervento militare internazionale, cioè americano, con la possibile partecipazione anglo-francese. Anche se difficilmente assumerà le dimensioni di quello avvenuto in Libia. L'attacco dall'esterno si avverte nell'aria. Immediato è stato il cambio di tono di buona parte dei media occidentali. Avvenne lo stesso nel 2003 prima dell'attacco anglo-americano all'Iraq di Saddam Hussein. Un fiume di articoli e schede, anche di prestigiose testate sull'«incubo delle armi chimiche», preparò l'opinione pubblica americana e occidentale alla «necessità della guerra». In Iraq nessuno le trovò mai le «armi di distruzione di massa» denunciate e minuziosamente descritte dai vertici dell'Amministrazione Bush. Potrebbe accadere lo stesso anche in Siria, accusata da Washington di aver usato armi chimiche nella sua lotta contro i ribelli, facendo almeno 150 morti. «Ci sono le prove» del crimine contro l'umanità commesso dal regime di Assad, oltre ogni dubbio, proclama l'Amministrazione Usa, subito appoggiata dal segretario della Nato Rasmussen che ha intimato a Damasco di autorizzare l'ingresso di ispettori dell'Onu. Nessun peso viene dato alle rivelazioni fatte nei giorni scorsi da Carla Del Ponte, membro della Commissione Onu di inchiesta sulle violazioni dei diritti umani in Siria, che ha accusato anche i ribelli di aver usato armi chimiche. I dubbi sulla linea di Washington sono tanti e non tutti desiderano imbarcarsi nella nuova avventura bellica in Medio Oriente. La promessa di armare i ribelli in Siria rischia di creare una «corsa agli armamenti» nel paese devastato dalla guerra preoccupa il ministro degli esteri svedese Carl Bildt. È forte il rischio di minare le condizioni per il processo politico, sottolinea il capo della diplomazia di Stoccolma, che ha già capito che è morta e sepolta la conferenza internazionale sulla Siria che Usa e Russia dicevano di voler organizzare a Ginevra. Scuote la testa anche il segretario generale dell'Onu, Ban Kimoon: «La fornitura di armi ad alcuna delle due parti in Siria non contribuirà a risolvere la situazione attuale... non esiste una soluzione militare alla crisi. L'unica soluzione è quella politica». Secondo il New York Times l'assistenza militare degli Usa ai ribelli siriani annunciata dalla Casa Bianca potrebbe includere per la prima volta armi leggere e munizioni ma nessuna arma antiaerea. Tra le consegne, coordinate dalla Cia, potrebbero esserci anche razzi anticarro, come vuole il senatore ed ex candidato presidenziale John McCain, lo sponsor più accanito di Salim Idriss, il «capo di stato maggiore» dell'Esercito libero siriano, la milizia ribelle, che sarà l'interlocutore dell'Occidente. Gli americani stanno valutando anche la creazione di una «no fly zone» di una quarantina di km all'interno della Siria, a ridosso del confine con la Giordania. Sanno però di non poterla ottenere al Consiglio di Sicurezza dell'Onu e allora pensano di attuarla dal territorio giordano, scriveva ieri il Wall Street Journal . Secondo gli strateghi di Washington, per poter armare e addestrare i ribelli in Giordania è necessario tener lontano dal confine gli aerei siriani che sarebbero presi di mira e abbattuti con missili aria-aria sparati dallo spazio aereo giordano. Saranno utilizzati i caccia F-16 e i missili Patriot che gli Usa avevano inviato per le esercitazioni militari occidentali-arabe in Giordania (con la partecipazione italiana).

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